“Trovare l’uomo dei sogni è il desiderio di ogni
donna, più che mai quando questa supera, seppur di poco, la soglia dei
trent’anni. In pratica sembra che quella dannata soglia operi malefici
visto che ogni ragazza, consideratasi felicemente single fino al momento
di varcarla, si sente infine costretta a tirare le somme riguardo a ciò
che possiede e a quello che non ha ancora avuto.”
Mettendo da parte una rivista femminile che
trattava proprio quell’argomento, Caty rifletté che le giornaliste e le
psicologhe erano davvero monotone nell’elargire consigli sulla strategia
di conquista dell’uomo dei sogni, come se il principe azzurro fosse a
portata di tutte solo con uno schiocco di dita, e come se spesso non si
rivelasse un rospo.
E lei di rospi ne aveva visti abbastanza.
Negli ultimi tempi rimuginava parecchio sul suo
futuro, e aveva deciso che dopo la scalata professionale, non così
eccezionale, in realtà, era arrivato il momento di dare un senso alla
sua vita. Desiderava, possibilmente in un futuro molto prossimo, un
amore con la A maiuscola. Voleva un uomo gentile, simpatico,
intelligente, magari anche fisicamente gradevole e, perché no,
fantastico nel fare sesso. Nella lista dei desideri c’erano anche un
paio di bambini con le faccette burrose, un cane, un gatto e una
villetta con giardino. A lei, in fondo, era sempre piaciuto coltivare
fiori, anche se sul terrazzino di cemento del suo appartamento morivano
sempre tutti.
Non sapeva quando avesse cominciato a sentirsi
vecchia, magari quando aveva realizzato che si stavano affacciando
all’amore le diciottenni, con le loro tettine perfette e i loro sederini
sodi. Insomma, le pareva di perdere terreno e doveva ammettere che gli
uomini adatti alle sue esigenze, fra i trenta e i quaranta, erano quasi
tutti già impegnati.
Ci voleva quindi un gran colpo di fortuna, oltre ai
metodi suggeriti da quei dannati giornali.
Le sue amiche, per esempio, avevano tutte una
marcia in più.
Nonostante i mille impegni, Marina era una perfetta
padrona di casa. Nell’appartamento in cui viveva con il suo compagno non
c’era uno spillo fuori posto, senza contare che amava lavorare a maglia
e Giorgio sembrava davvero compiaciuto quando riceveva gli amici in
quella linda casetta con addosso l’ultimo maglione creato dalle manine
sante del suo amore.
Al contrario, la casa di Anna avrebbe meritato
qualche spolverata in più, ma, in fondo, era giustificata dal momento
che aveva un bambino piccolo da accudire.
Tuttavia seguendo le istruzioni sul suo blog di
cucina preferito, trovava sempre il tempo per cucinare a suo marito
piatti divini, servendo portate che in altre case si gustavano solo a
Natale.
Barbara non sapeva nulla di cucina e pulizie varie,
ma conosceva bene i segreti del sesso. Probabilmente anche lei si
ispirava a un blog. Aveva conquistato Piero con la sua… ‘sapienza’.
Sesso al primo appuntamento, sesso ogni notte, sesso senza tregua, e
anche se lui qualche volta sembrava un po’ ‘sbattuto’, la storia fra
loro funzionava alla grande.
Se poi pensava a Sandra, che sapeva rigirarsi
Cristiano come una trottola sul palmo di una mano, Caty moriva
d’invidia. Certo, Sandra era di una bellezza straordinaria, di cui aveva
motivo di andar fiera, ma possedeva anche un’intelligenza arguta e
grande obiettività nelle analisi sulla situazione politica, che a lui
interessavano molto.
Quindi, Caty si era chiesta cosa avrebbe potuto
offrire all’uomo dei sogni perché la prendesse in considerazione; sempre
che, naturalmente, fosse riuscita a incontrarlo.
Era carina, ma senza nulla che si potesse
considerare speciale, e in un punteggio da uno a dieci forse avrebbero
meritato sei e mezzo. Non era stupida, ma considerava la sua
intelligenza del tutto normale, se pur con qualche curiosità.
Non si era mai interessata alla politica e di certo
non sapeva fare argute osservazioni in quel campo. Non sapeva cucinare
e, in realtà, neppure si sentiva portata a farlo, anche se in ufficio
aveva sentito che i corsi di cucina erano molto frequentati dagli uomini
soli in fase d’acchiappo. E non poteva giocarsi la carta dell’uncinetto,
poiché non aveva manualità con i ferri e l’unica volta che aveva provato
a ‘creare’ qualcosa aveva ottenuto uno scampolo di sciarpa che sembrava
essere stata mangiata dalle tarme. In quanto al sesso, in quel periodo
non ricordava neppure cosa fosse un amplesso. Non era donna da avventure
da una notte; e non conosceva irresistibili tecniche di conquista.
E poi… era davvero disordinata!
Era, tuttavia, disposta migliorarsi e quando
incontrò Luca si diede un gran da fare per riuscirci o, quantomeno, per
farglielo credere.
Lo vide in un bar, nei pressi del palazzo in cui
lavorava, e guardandolo di sottecchi lo trovò subito desiderabile.
Tanto per cominciare indossava giacca e cravatta,
abbigliamento che lei trovava davvero sexy, e poi era attraente. Aveva
il pizzetto, e lei adorava quel lembo di barba, e i suoi occhi erano di
un azzurro così intenso che in contrasto con l’abbronzatura parevano due
gemme d’acquamarina.
Beh, forse era un’esagerazione, tuttavia erano
davvero luminosi.
Lanciandogli un’altra occhiata, che lui ricambiò,
si rese conto che cominciava a stempiarsi, che forse aveva la mascella
un po’ troppo pronunciata e che le orecchie erano decisamente a
sventola. Considerato tutto quanto, però, lui continuava a piacerle, e
anche parecchio, quindi sarebbe stata stupida a cavillare sulle
sciocchezze.
Non portava la fede. Grande! Anche se questo non
era una garanzia che non fosse impegnato perché poteva essere benissimo
fidanzato. Tuttavia, come avrebbe detto Barbara, non era mica morto!
Quando lui accennò un sorriso, provò un piacevole
rimescolio, a dimostrare che gli autori dei romanzi rosa non raccontano
solo palle, e mentre ricambiava, credendo di averlo fatto in modo
invitante, si trovò a sperare che fosse un tipo d’iniziativa e che le
parlasse.
Luca esitò. Non era tipo da abbordaggi disinvolti
nei bar, meno che mai alle nove del mattino, anche se quella era una
ragazza che gli sarebbe piaciuto conoscere. Aveva un’aria sbarazzina,
bel faccino, capelli biondi che potevano persino essere naturali,
sguardo vivace e un gran bel fondo schiena. Lei aveva risposto al
sorriso, ma non significava molto. Magari era stato solo qualcosa di
meccanico in risposta al suo. Aveva sentito più volte amiche e colleghe
parlare
degli idioti affamati che cercavano un aggancio
dopo un solo scambio di sguardi, quindi aveva finito il suo caffè e
lasciato il bar, pensando dispiaciuto all’occasione persa.
Caty si disse che forse era stata baciata dalla
sfortuna quando lo rivide in farmacia una settimana dopo.
Per giorni, sperando d’incontrarlo di nuovo, aveva
indossato gli abiti che lei considerava acchiappa maschi, e che avevano
avuto un certo successo anche in ufficio; ma quel mattino non stava
tanto bene e dal momento che per una questione urgente era stata
costretta a presentarsi al lavoro si era infilata un paio di Jeans e una
maglietta che, assonnata e influenzata stava persino per mettere
rivoltata.
Aveva la faccia spenta, le occhiaie che tendevano
al viola e i capelli raccolti fermati sulla sommità del capo con un
mollettone, con ciocche che sfuggivano disordinate da tutte le parti.
Dio, che rabbia! Dopo averla vista in quello stato,
era impensabile che lo sconosciuto dagli occhi azzurri potesse
interessarsi a lei, e, quindi, indispettita pagò il suo analgesico e se
ne andò di corsa. Dopotutto era pure in ritardo per quella pratica
urgente che l’aveva costretta a buttarsi giù dal letto.
Naturalmente poi si diede della stupida. Aveva
avuto un’altra occasione e l’aveva sprecata.
Nonostante questo, decise di darsi… e di dargli,
un’altra chance. E quando una sera lo incontrò nei pressi della
metropolitana, s’intende dopo inutili visite al bar e persino un’altra
in farmacia, gli sorrise allegramente, come se avesse appena ritrovato
un amico.
Più chiaro di così!
Luca la guardò sorpreso, ma anche felice. Diavolo,
aveva desiderato molto rivederla. Si era dato dell’imbecille per non
averle parlato quando l’aveva vista in farmacia. Era così pallida quel
giorno e tanto, tanto carina. Tuttavia lei sembrava di fretta e per
nulla propensa a parlare. Non lo aveva nemmeno salutato.
Ora però gli sorrideva e gli riuscì facile
avvicinarla e parlarle. Sapeva di non essere particolarmente brillante,
ma poco dopo, davanti a un aperitivo, la loro conversazione si fece meno
imbarazzata e anche meno imbarazzante. Quindi la invitò a cena.
Il loro primo appuntamento. Finalmente.
Dal momento che Caty era già palesemente innamorata
di Luca, le sue amiche non mancarono di darle preziosi consigli.
Marina le raccomandò di mettere in ordine la casa,
nell’eventualità che dopo cena decidesse di invitarlo a salire. Una
ragazza ordinata faceva sempre buona impressione.
Anna le consigliò di riempire il frigorifero. Se
per qualche motivo Luca lo avesse aperto, doveva credere che lei fosse
un tipo previdente.
Barbara le disse subito che di trovare un’ora per
una buona ceretta alle gambe e all’inguine, e se aveva intenzione di
indossare un abito attillato di non fare come Bridget Jones, mettendo
orrende mutande contenitive. Quel suo appuntamento non avveniva in un
film, dove tutto diventava possibile! Le suggerì anche di comprare un
tanga o un perizoma, o, meglio ancora, una brasiliana, perché non aveva
idea di come gli uomini impazzissero per un po’ di pizzo su un bel
sedere. Sandra, infine, dall’alto della sua indiscutibile intelligenza
le consigliò di mostrargli tutto il suo sapere. Che non era poi così
tanto.
Se aveva capito bene, quindi, doveva fingersi
ordinata, previdente, sexy, acculturata e informata. Tutto insieme?
Quindi riempì il frigorifero e pulì casa. Andò
dall’estetista per fare la ceretta e comprò un quotidiano, lasciandolo
aperto sulla pagina dedicate alla politica. E con un vestito attillato,
senza mutande contenitive, andò al suo appuntamento.
Serata memorabile! A parte il perizoma, a parer suo
scomodissimo, che aveva scelto perché con addosso quel vestito non si
vedessero inestetici segni sui glutei.
Ma quello finì chissà dove quando lui glielo tolse,
a portare forse disordine in quell’appartamento, che a lei, quella sera,
non sembrava nemmeno suo.
Fra le sue braccia, sperimentando un paio di
cosette che sottovoce le aveva suggerito di fare Barbara, e altre che
Luca conosceva piuttosto bene, non pensò troppo al fatto che il rapporto
col suo uomo dei sogni stesse iniziando con la menzogna. Non si sentì
preoccupata nemmeno quando lui guardandosi intorno le disse che la
trovava davvero molto ordinata e le parve contento di aprire un
frigorifero dove c’era il mondo da mettere sotto i denti in un’ora in
cui nelle pizzerie non si poteva ordinare più niente. E siccome lei
stava vivendo nella favola di Pinocchio, aggiunse bugie alle bugie,
lasciandogli anche credere di aver letto tutti i saggi che erano
appartenuti a suo padre, e che teneva esposti nella libreria.
Presa in quel vortice di bugie, riuscì anche a
perfezionarle. Lui, dopotutto, sembrava apprezzare molto le sue
millantate doti: il giornale, che prima non acquistava mai, era sempre
aperto sul tavolo; il golfino traforato, tanto alla moda, fatto dalla
nonna e spacciato per una sua creazione, sempre in vista. E altri
piccoli particolari, come un cestino pieno di matassine di lana e cotone
e i ferri della maglia vicino al letto, erano stati la ciliegina sulla
torta. Aveva persino trovato una vicina disposta a farle le pulizie
tutti i giorni, disperdendo parecchio del suo denaro, così che la casa
fosse sempre uno specchio.
Diventò, tuttavia, sempre più difficile mostrare
all’uomo che amava quello che non era. Il loro rapporto era perfetto,
cioè, sarebbe stato perfetto se lei non fosse stata costretta a subire
uno sdoppiamento della personalità, e decise, quindi, di imbastire altre
piccole menzogne per poter tornare alla normalità.
A lui sarebbe importato se gli avesse detto di non
avere più tempo per lavorare a maglia? Avrebbe potuto aggiungere che per
lei era stato un hobby passeggero. In quanto ai vari manicaretti di
cucina, non aveva mai esagerato presentandogli piatti troppo elaborati.
Poteva quindi imparare a cucinare qualcosa! Mettere ordine in casa
sarebbe stato davvero un problema, ma anche in quel caso poteva fare uno
sforzo.
Comunque non riuscì a imbastire proprio niente,
perché Luca tornò in anticipo da un viaggio di lavoro e facendole una
sorpresa si presentò alla sua porta con ancora la valigia in mano.
La sua porta? Era sicuro di non aver sbagliato? La
prima impressione di Luca, quando entrò nella stanza di soggiorno dopo
che Caty gli ebbe aperto, fu che la sua ragazza fosse alle prese con le
pulizie di primavera. O magari un trasloco?
C’era di tutto in quel soggiorno: scarpe a terra,
magliette e pantaloni gettati qua e là, come se avesse voluto provarli
tutti quanti prima di fare una scelta. Sul tavolo di cucina, che poteva
vedere attraverso l’arco che divideva le due stanze, c’era un cartone
aperto della pizza, una confezione di patatine e un barattolo di nutella
con affondato dentro un cucchiaio.
Quello non sembrava l’appartamento di Caty, anche
se, ovviamente, lo era, e lei aveva l’aria di essere molto imbarazzata.
— Pulizie estive? — chiese curioso.
Caty la considerò un’ottima scusa. Poteva dirgli
che aveva deciso di rivoltare la casa come un calzino! Dirgli che era
stata così presa da non aver trovato il tempo di cuocere nemmeno una
parmigiana di melanzane. Ma lei non sapeva cucinare quel piatto e, a
rifletterci bene, lo trovava pure un po’ pesante. Quindi scosse la testa
e strinse le labbra fra i denti, con aria colpevole.
— No. Si tratta solo di disordine. Un po’ tanto… —
E dal momento che lui non diceva niente, sbottò: — Questo è il mio
disordine. Il mio solito disordine quando tu non ci sei! E poi…
E poi cominciò a scaricarsi la coscienza.
— Non mi interesso di politica e non ho letto tutti
quei saggi — aggiunse allungando il braccio verso la libreria. — Non so
fare la maglia, quando ci ho provato ne è uscita una cosa che sembrava
morsicata da uno scoiattolo e non sono capace di cucinare. Tutto quello
che hai mangiato qui da me, veniva dalla rosticceria. Nel disordine sto
bene e… devo proprio dirti che odio mettere il perizoma e le brasiliane.
Luca continuò a guardarla senza dire una parola. A
quanto sembrava l’aveva ingannato per mesi, e ci era riuscita anche
piuttosto bene. Ma perché diavolo gli veniva da ridere? Forse per quella
sua faccetta dispiaciuta?
Sapeva cos’era un perizoma, naturalmente. Più che
toglierglielo, gli piaceva scostarlo con le dita per poi poterla toccare
e baciare. Le brasiliane erano probabilmente quelle cosine inconsistenti
di pizzo che ogni tanto le vedeva addosso, e che di solito le toglieva
subito? E in quel momento, sotto i calzoncini da casa, cosa indossava?
— Perché… tutto questo? — disse cercando di
riprendersi da quel pensiero eccitante.
— Perché volevo che tu mi vedessi perfetta, come lo
sono le mie amiche.
— Quindi credi che mi sia innamorato di te perché
mi hai detto che ti diletti a sferruzzare?
— Hai detto che mi ami? — chiese lei, stupita e
felice.
Luca rimase spiazzato da quella domanda. L’amava,
certo, anche se non glielo aveva mai detto perché voleva andarci piano.
Lui sapeva quello che voleva, ma non era certo di quello che volesse
lei.
E, comunque, non si era innamorato perché gli aveva
fatto credere di sapere tener bene la casa. C’erano momenti in cui aveva
temuto fosse persino un po’ maniaca della pulizia. E anche se gli
piaceva mangiare bene, si accontentava sempre di quello che gli veniva
messo nel piatto.
A rifletterci era felice che Caty non amasse
lavorare ai ferri; si era preoccupato che volesse regalargli un maglione
e di essere costretto a metterlo per non deluderla. Non si sentiva a suo
agio con addosso cose fatte a mano. E gli stava bene che non fosse
interessata alla politica ma, soprattutto era contento che non avesse
letto tutti quei saggi. Stava quasi pensando di doversi mettere al
passo.
— Non rispondi? — chiese Caty avvicinandosi e
lasciandogli odorare il suo profumo, felice che lui non la respingesse e
considerando che i suggerimenti di Barbara non erano poi così male.
Probabilmente, fra tutti quelli raccomandati dalle sue amiche, avrebbe
tenuto in considerazione solo i suoi. Dopotutto, provocarlo e amarlo era
l’unica cosa che le riuscisse davvero, e anche bene. — Anch’io ti amo, e
non posso fare a meno di te.
— È così? Non è un’altra delle tue palle?
— Forse potrei, ma starei molto male.
— Anch’io non posso fare a meno di te. Ma forse
potrei, stando molto male — ripeté lui sorridendo. — C’è altro che
dovrei sapere? O che dovrei vedere? — chiese mordicchiandole l’orecchio.
— Magari un vestito fatto a mano?
— A quello non ci avevo pensato.
— Quindi non sei una bugiarda perfetta. Dicevi che
non ti piacciono i perizomi e le brasiliane. Cosa indossi sotto, ora?
— Niente, amore.
Niente come tutto quello che aveva detto di saper
fare e di cui non gli importava. — E niente sia — rise piano,
cominciando a spogliarla. Cosa c’era, in fondo, di più eccitante di quel
‘niente’.